Ecco qualche altra pagina del romanzo “Il fiume”, che è acquistabile qui. Buona lettura!
«Ho portato anche da bere e qualcosa da mangiare.»
Eravamo completamente soli, quasi distaccati dal mondo, distesi sulla coperta, col profumo dell’erba appena umida che riempiva le nostre narici.
«Che c’è, Dario? Sei arrabbiato con me? Hai una faccia!»
«No! È che sono molto stanco. È per questo che non volevo venire.»
Risposi con voce seccata, come se quella domanda mi avesse disturbato. Risposi, ma, soprattutto, mentii. Non avevo nessuna intenzione di spiegarle i motivi di quella mia precedente riottosità, di quel mio scarso apprezzamento nei confronti di uno spettacolo naturale che affascina l’uomo da generazioni. Non volevo renderla partecipe, sbagliando, della mia vita precedente, di quei ricordi che conservavo gelosamente. Non volevo dividerli con nessuno, correndo magari il rischio di vederne diminuire il valore o l’intensità.
«Hai espresso qualche desiderio?»
«No! Non credo in queste sciocchezze! Sono normali fenomeni naturali, dovresti saperlo meglio di me.»
Cercavo di distruggere anche in lei quelle credenze, quelle poetiche convinzioni che non mi appartenevano più.
«Lo so benissimo! Il fatto è che mi piace molto pensare che, un domani, il mio desiderio possa diventare realtà. Quasi per magia, grazie all’intervento di qualche essere soprannaturale! Spero che tu non mi ritenga stupida.»
«Ciascuno è libero di illudersi come meglio crede.»
Non replicò, anche se mi sembrò colpita da quella mia affermazione. Mi svegliò all’alba.
«Guarda: sta sorgendo il sole!»
La purezza del suo animo si poteva constatare proprio davanti a quegli spettacoli naturali. Fissava quasi rapita la linea dell’orizzonte di un paesaggio che si andava via via scoprendo. Dal canto mio, accettai quella sveglia piuttosto malvolentieri.
«Che ne diresti di andare a fare colazione? Offro io!»
Non risposi, più che altro per il sonno.
«Chi tace acconsente! Andiamo a cercare un bar, allora!»
Non toccò più l’argomento “desideri”, durante il breve viaggio di ritorno. Credo che la durezza delle mie affermazioni avesse il potere di ferirla in maniera molto intima. Anche lei, come me, si era creata un mondo nuovo, in grado di aiutarla a superare il trauma della separazione dai suoi genitori. Al contrario del mio, però, il suo mondo era fatto di dolcezza e di apertura nei confronti del prossimo, di voglia di vivere, di positività. Per combattere il dolore, si era abituata a guardare le cose solo dal loro aspetto positivo.
«Perché», mi diceva, «c’è qualcosa di buono in ogni cosa che accade, anche se noi non siamo in grado di accorgercene subito»
Non credo proprio, anzi! In tutti questi anni mi è sempre successo che il male abbia chiamato altro male. Nelle situazioni che hanno caratterizzato la mia vita non so cogliere un aspetto che sia meno che negativo. Mi vengono i brividi ogni volta che ricordo la frase «I miei genitori sono morti, è vero, ma c’è qualcosa di buono anche in questo: adesso sono sempre con me, mi seguono in ogni momento della giornata, mi aiutano a non compiere errori!»
Povera Mara! Nessuno, purtroppo, è stato in grado di farle evitare l’errore più grande.
«Spero che tu possa essere presente al mio fianco in ogni momento della mia vita.»
Così scrisse su una pagina del diario che avevo comprato per l’ultimo anno delle superiori. Se lo era fatto prestare prima dell’inizio della scuola e l’aveva personalizzato con quei suoi pensieri, uno per ogni giorno.
© Roberto Grenna – Riproduzione vietata