Ecco qualche altra pagina del romanzo “Il fiume”. Buona lettura!
Sapeva, talvolta, tirare fuori il meglio di ciò che mi era rimasto. Alcuni argomenti, soprattutto grazie alle sue osservazioni, erano in grado di trascinarmi fuori dalla mia dimensione per qualche decina di minuti, restituendomi una dignità. Non mentivo mai. Ciò che le dicevo era realmente quello che pensavo, anche se, spesso, non era farina del mio sacco. A lei pareva non interessare quest’ultimo particolare. Credo le bastasse il fatto di riuscire a comunicare con me in maniera paritaria, senza dover temere i miei scatti d’ira o le mie risposte maleducate, semplicemente esponendo le sue idee e ascoltando le mie. Con il passare del tempo, poi, aveva anche imparato a non toccare certe questioni, cambiando repentinamente discorso. Qualche volta, semplicemente, si limitava a chiudere situazioni in procinto di degenerare con un «Ti amo, testone!»
Proprio la frase che esclamò non appena vide il tabellone con i voti della maturità, cui fece seguito un «Visto? Te l’avevo detto!»
Aveva voluto studiare insieme a me a tutti i costi, durante il mese scarso che separò i due scritti dagli orali.
«Non che tu ne abbia bisogno, ma vorrei poterti essere utile. Al massimo, io studierò per il mio esame e tu per il tuo!»
Sorrideva, come sempre. Mi interrogò spesso, facendomi ripetere parecchie volte tutti gli argomenti a programma, riuscendo a farmi entrare in testa anche quelli che, durante l’anno, mi avevano causato qualche piccolo problema, dimostrandosi più ostici del previsto. Fu seguendo un suo consiglio che decisi di portare la terza materia orale, facoltativa, e fu anche grazie ai suoi suggerimenti che riuscii a strappare il massimo dei voti. Presenziò durante l’ora scarsa di interrogazione e fu la prima a complimentarsi, con un cenno delle mani, quando mi voltai per andarmene. Non solo. Nonostante tutto il tempo perso ad aiutarmi, riuscì ugualmente a passare, un trenta e lode e un trenta, i due esami che si era pianificata per la sessione estiva. Semplicemente eccezionale.
«E tu che non volevi credermi! L’ho sentito, il tuo orale, sai! Sei stato a dir poco perfetto! Il clou, poi, l’hai raggiunto quando hai risposto al commissario di matematica mentre lui stava ancora formulando la domanda! Gli altri professori sono rimasti favorevolmente impressionati e il membro interno non avrà sicuramente faticato a convincerli! Bravo!»
Per cosa, poi? Non è certo da un voto, dalle conoscenze scientifiche o umanistiche che una persona dimostra che la si possa giudicare. No! Un sessanta o un centodieci e lode non valgono nulla, assolutamente nulla. Se fossi stato veramente intelligente come quel voto voleva dimostrare, sicuramente non mi troverei a questo punto. La verità è che io non sono mai cresciuto, anzi! Dall’età di quindici anni sono andato via via regredendo, riscoprendo l’egoismo tipico dei bambini che imparano a socializzare. I bambini, però, non sono egoisti per scelta. Fa parte del gioco. Bisogna scoprirsi centro del mondo per imparare a non esserlo, far piangere gli altri per capire che si sta sbagliando. Non ho imparato, tantomeno capito, niente.
© Roberto Grenna – Riproduzione vietata