Ecco qualche altra pagina del romanzo “Il fiume”. Buona lettura!
«La nostra vacanza in Inghilterra, ora, non ce la toglie nessuno!»
Le cose andarono diversamente, purtroppo per lei.
«Dario! Dario!»
Tre giorni alla partenza. Arrivò di corsa a casa mia, poco dopo le otto.
«Cosa succede, Mara?»
Fu mia madre ad aprirle la porta.
«Buongiorno, signora! Scusi il disturbo, ma mia nonna è caduta dalle scale, giù al mare, e ora è ricoverata in ospedale! Mi ha chiamato mio nonno pochi minuti fa per dirmelo e per chiedermi di raggiungerli. Volevo chiedere a Dario di accompagnarmi. Sono piuttosto agitata e…»
«Non ti preoccupare! Accomodati pure! Vado a chiamarlo!»
Avevo sentito tutto. Quando arrivò a svegliarmi, mi girai sull’altro fianco.
«Dario! Sveglia! C’è un problema!»
«Lasciami stare! Ho sonno!»
«Non fare lo stupido, dai! Mara ha un grosso problema! Sua nonna è finita in ospedale!»
«E a me sai cosa…»
Non potei terminare la frase. Uno schiaffo mi zittì.
«Sapevo che eri egoista, ma non fino a questo punto. Alzati immediatamente, vestiti e vieni di là!»
Rimasi molto male, anche se feci finta di nulla. Arrivai in cucina dopo pochi minuti.
«Ciao, Dario! Scusa se ti ho fatto svegliare, ma è capitato un incidente a mia nonna e…»
«Ho sentito. Che intenzioni hai?»
«Beh, ecco, vorrei andare giù in Riviera, ma non mi sento molto bene. Volevo chiederti se hai voglia di accompagnarmi. Ho la macchina qui fuori, con la borsa già pronta.»
«Mmh. Non te la senti di guidare?»
«Proprio così. Mi gira la testa e sono piuttosto preoccupata!»
«Vabbè. Andiamo, va.»
«Il fatto è che potremmo anche doverci fermare qualche giorno. Forse sarebbe meglio prendere qualche maglietta e un paio di pantaloni di ricambio, un pigiama…»
Mentre ultimava la frase, ecco ricomparire mia madre, i vestiti su un braccio, il borsone in mano. Non l’avevo mai vista preoccupata come durante quel viaggio.
«Sembra che si sia rotta il femore, ma ancora non aveva fatto le lastre. Speriamo non sia niente di grave. Comincia ad avere una certa età!»
Non fece neppure caso al fatto che non dissi una parola fino al nostro arrivo.
«Sai dov’è l’ospedale?»
«Veramente, no! Proviamo a chiedere a qualcuno. A quella signora là! Accosta!»
Sollevò il segmento inferiore del finestrino.
«Mi scusi, signora!»
Grazie alle indicazioni ricevute, in meno di cinque minuti fummo davanti alla barriera d’ingresso del nosocomio.
«Mi dispiace, ma non potete entrare, con la macchina!»
«La prego! È una questione di emergenza! Hanno ricoverato mia nonna d’urgenza e…»
«Capisco la sua preoccupazione, signorina, ma c’è un regolamento da rispettare. In macchina non potete entrare. C’è un parcheggio a pagamento, a cento metri sulla sinistra. Potete portarla lì e poi entrare a piedi. Mi dispiace!»
Lasciammo la macchina dove ci era stato suggerito.
«Non correre! Ormai siamo arrivati, no?»
Sembrò non sentire le mie parole. Allungai il passo e la raggiunsi. Passammo dal pronto soccorso al padiglione di chirurgia. Lì, nella saletta d’attesa, trovammo suo nonno.
«Come sta?»
Si abbracciarono.
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