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Apollonia Angiulli, una docente di educazione fisica – come si chiamava la materia all’epoca dei fatti – uccise, in due episodi distinti, tutti e tre i propri figli.
Il primo episodio risale al 12 febbraio 1988, a Ostia.
Il marito della donna, rincasando, la trovò in stato catatonico e piangente, i corpicini dei bambini – asciugati e vestiti con cura – stesi sul letto matrimoniale.
Gli inquirenti, sentita la donna, propesero per l’incidente: Apollonia era scesa per effettuare un acquisto in un negozio vicino, rientrando pochi minuti dopo e trovando i bambini annegati nella vasca da bagno.
L’8 marzo 1991, un tragico deja-vu, dai contorni ancora più drammatici.
Quando suo marito rientrò in casa, la trovò seduta sul divano, imbottita di psicofarmaci, incapace di far altro se non mormorare poche sillabe. Steso sul fasciatoio, con indosso una tutina verde, il bambino di otto mesi aveva la schiuma alla bocca e respirava a fatica, trovando la morte in ospedale.
Nel corso delle indagini la donna viene dichiarata incapace di intendere e di volere al momento dei delitti. Non è mai stata incarcerata, né costretta in ospedale psichiatrico. Un caso decisamente molto particolare.

Fonti:

S. Ramacci, E. Boccianti, Italia giallo e nera, Newton Compton Editori, Roma 2013.

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