Questa cosa del libro arbitrio, me ne sto convincendo sempre più, è proprio deleteria… tu fai scelte, direzioni la tua vita pensando che tutto sarà com’è ora, ti impegni, cerchi di raggiungere gli obiettivi che ti sei dato. Insomma, ti sudi tutto quello che vuoi ottenere. In fondo, con il tuo libero arbitrio hai deciso di vivere così. Di impegnarti in quel modo. Di puntare a quegli obiettivi. È grazie al libero arbitrio che puoi decidere che lavoro svolgere, che persona sposare, che casa acquistare, che macchina guidare.
È il libero arbitrio che fa di ciascuno di noi una creatura unica, irripetibile nelle sue vittorie e nelle sue sconfitte.
Grande cosa, ‘sto libero arbitrio, allora?
Eh… forse… sarebbe una grande cosa se fosse caratteristica di una sola persona. Se solo io, ad esempio, potessi decidere come deve andare la mia vita e tutti quelli che ci sono intorno continuassero a comportarsi come hanno fatto in quel momento. Continuassero a interagire con te come sempre. Fossero, in una parola, prevedibili.
Eppeccato! [Sì, lo so come si scrive… ma “Eppeccato!” fa sempre la sua porca figura!] Eh, già… perché anche loro hanno il proprio libero arbitrio. Fanno scelte. Cambiano idee. Si pongono obiettivi. A volte ti eliminano dalla loro vita. Fisicamente, sparendo. O semplicemente con i comportamenti di tutti i giorni, che non ti considerano per niente. O, ancora, banalmente evitando in maniera sistematica di ascoltarti. E ci sarebbero altre migliaia di modi per descrivere questa “eliminazione”.
Quindi, tutti liberi arbitri di se stessi, tutti in grado di fare scelte, tutti nella condizione di scombinare i piani di chiunque altro. E poi, magari, sparire. O dare la colpa all’altro. O, ancora, tirare dritti per la propria strada.
Bisognerebbe inventare un’assicurazione che tuteli dal libero arbitrio altrui. Una sorta di bonus ogni volta che qualcuno ti obbliga a cambiare la tua strada, volontariamente o no, perché tu hai fatto tanta fatica per arrivare fino a lì. E la fatica supplementare di dover cambiare tutto non te la ripaga nessuno. Oppure, una sorta di coefficiente pensionistico: ogni volta che qualcuno ti scombina la vita, quel periodo di assestamento ne vale dieci di anzianità pensionistica. Perché ti obbliga a un superlavoro che nessuno ti pagherà mai.
Insomma… bello poter fare le proprie scelte! Sarebbe ancor più bello, facendole, provare a considerare anche gli altri. Le persone che ci circondano. Quelle che interagiscono con noi. Quelle che, come noi, hanno piani e vorrebbero portarli a termine.
Si chiama rispetto.