Ci sono momenti nei quali, per mantenere fede all’educazione che mi vanto di aver ricevuto, l’unica soluzione è il silenzio.
Ci sono momenti nei quali, allibito dalle altrui pretese e dall’arroganza dell’ignoranza e dell’egoismo, ciò che uscirebbe dalla mia bocca potrebbe risultare offensivo, Soprattutto verso quelle persone che ritengono di avere la verità in tasca. Soprattutto verso quelle persone che non si fanno domande, perché non ne hanno bisogno, in quanto geneticamente (?) o culturalmente (??) superiori.
Ci sono momenti nei quali il confronto dialettico ha bisogno di uno stop, per elaborare il lutto della dipartita della coerenza e dell’intelligenza.
Ci sono momenti nei quali il semplice rumore di una voce diventa fastidio insopportabile. Diventa offesa all’intelligenza e ai sentimenti. Diventa bandiera di una società che parla e non ascolta. Che urla e non sussurra. Che aggredisce e non chiede scusa. Che è votata alla ragione del diritto e mai a quella del dovere. Che consente all’incoerenza e all’egoismo di dominare su coloro che riflettono in primis sul proprio comportamento e solo dopo su quello altrui. Che ha ormai dimenticato valori quali umiltà, rispetto, collaborazione, Che elegge a portavoce non chi ha idee, ma critica indistintamente le idee altrui. Il più delle volte senza la minima argomentazione. Che solleva problemi senza proporre soluzioni. Perché non in grado.
Ci sono momenti nei quali, per il profondo rispetto che ho verso chi mi ha insegnato che prima di chiedere, è giusto che dia, che prima di parlare, è giusto che ascolti, che prima di criticare, è giusto che faccia autocritica, che prima di tutto viene il rispetto per chi mi si para davanti, mi limito ad ascoltare e non proferisco verbo, facendo parlare i fatti.