E, finalmente, è uscito l’ebook! Ecco il sesto giorno della vita del villaggio. Il resto potrete leggerlo acquistando l’ebook qui. Buona lettura!
Giorno 6.
Agricolo si avviò di buon’ora verso i suoi campi, seguito da Creolo, che si era appassionato da subito all’attività del nuovo amico. Avrebbero dovuto innaffiare le colture, raccogliere quanto maturo per portarlo al villaggio in vista dei successivi momenti conviviali che sarebbero stati orchestrati dai quattro cuochi arrivati il giorno precedente, dissodare nuovi terreni per ampliare il numero di campi – e sarebbe anche stato il caso di ampliare il numero di persone che potessero dare una mano!
Durante uno dei viaggi fino al fiume, per riempire i secchi utili all’innaffiamento, videro una figura esile che stava attingendo poco più in là.
«Buon giorno! Qual buon vento la porta da queste parti?», esordì Agricolo, cercando di stabilire un contatto con quello che sembrava essere un giovane ragazzo dai lunghi capelli.
«Buon giorno! Questa è la prima volta che incrocio qualcuno in zona! Sono qui per prendere l’acqua che mi serve per la mia attività! E voi?», fu la risposta con contro-domanda del ragazzo.
Agricolo e Creolo spiegarono la situazione, raccontando come, nel breve volgere di meno di una settimana, stesse nascendo in quel luogo un agglomerato di nuove case, tutte ospitanti nani e nane.
«Ma che bella iniziativa! Posso aggregarmi anche io? Vivo da solo in una grotta a qualche centinaio di metri da qui, dove mi dedico a preparare vari tipi di birra. Voglio aprire una bottega di vendita di questo alcolico e spero di essere pronto per il prossimo autunno! Ma scusate, non mi sono ancora presentato! Mi chiamo Luppolo!»
Presentati che si furono e conclusi che ebbero i lavori cui si stavano dedicando, si avviarono verso il villaggio, dato che si stava avvicinando l’ora di pranzo.
A margine del sentiero, in prossimità di una persona che, davanti a un cavalletto e con in mano una tavolozza, stava dipingendo il paesaggio circostante, videro Foscolo, impegnato a scrivere versi su un taccuino. Agricolo e Creolo lo salutarono con un cenno al che l’uomo si alzò e si fece loro incontro, sorridendo: «Non potrete credere a quanto sto per dirvi! L’arte chiama arte! Ero qui a comporre i miei poemi, quando mi si è avvicinato questo giovane pittore con il quale abbiamo parlato fino ad ora della magnificenza della poesia e della pittura. Indovinate? Verrà a vivere con noi!»
I quattro si avvicinarono all’artista, complimentandosi per il quadro che stava realizzando e presentandosi.
«Io mi chiamo Tiepolo. Vengo dalla libera Repubblica marittima di Venessia!», disse compiaciuto l’uomo.
Le sorprese, però, non erano finite! Arrivati al campo, videro che tutti i presenti s’erano disposti a cerchio attorno a un uomo canuto e dalla lunga barba bianca, che impugnava con sicurezza un bastone, si accompagnava a una donna che presumibilmente poteva avere la stessa età e stava raccontando loro le peripezie delle loro vite: «E così, i nostri bis-nipoti ci hanno detto che non avrebbero potuto occuparsi di noi. Capite? Dopo che li avevamo cresciuti con l’amore di due genitori!»
«Che grandissimi cafoni!», esclamò Jesolo, «Ma state tranquilli! Qui da noi siete i bene accetti! Vero?», domandò, rivolgendosi agli altri convenuti.
Tutte e tutti annuirono con convinzione, fatta eccezione per Ugola che scosse la testa e si girò dall’altra parte, incamminandosi in direzione dei cinque che arrivavano dalla foresta e dicendo a voce alta: «Ci mancavano solo Trisavolo e Trisavola! Anche la casa di riposo costruiamo, adesso!»
Vedendo che quelli che erano partiti in tre stavano tornando in cinque, scappò in casa e si chiuse dentro.
Il pranzo trascorse facendo in modo che tutti si presentassero con i nuovi e facendo loro raccontare qualcosa di sé. Unici assenti, i geometri, che si erano premurati di andare a chiamare rinforzi in città: almeno altri due con il loro titolo di studio e un ingegnere, temendo che a breve avrebbero dovuto cimentarsi con case multipiano come quelle che avevano visto una volta a Magonza.
Mentre la maggior parte di quelli che potevano essere ormai definiti residenti – una volta consumato il ricco pasto che Mestolo, Paiolo, Ciotola e Pentola avevano preparato – stavano riposando nelle case fino a lì costruite, una curiosa figura fece la sua comparsa sul piazzale, accompagnata da tonfi sordi e urla di dolore a intervalli sempre più brevi.
Fu Gracile la prima ad affacciarsi e a vedere un signore di mezza età che, come fosse ubriaco, continuava a sbattere contro gli spigoli delle varie abitazioni, senza soluzione di continuità. Dopo l’ennesimo botto, cadde svenuto.
La ragazza, presa una bottiglia d’aceto, si avvicinò al nuovo arrivato e tentò di farlo riprendere. Non appena ebbe aperto gli occhi, sorridendo alla giovane, mostrò il volto tumefatto dai molti colpi presi. Le raccontò di come, fin da piccolo, tutti gli spigoli fossero stati i suoi e di quante volte fosse finito con qualche osso rotto.
«Grazie mille, signorina! Dimenticavo persino di presentarmi! Mi chiamo Mignolo!»
“Ecco spiegato perché picchia contro tutti gli spigoli!”, pensò lei, avendo l’accortezza di non esprimere ad alta voce quanto le passò nella testa.
Fece rialzare l’uomo e lo accompagnò in casa di Jesolo e Ugola, che in segno di protesta si trasferì a casa di Creolo e Creola.
La giornata stava stancamente per volgere al termine con il profumo della zuppa che riempiva l’aria, quando Angolo, Ottusangolo e Acutangolo fecero ritorno, in compagnia di altri tre nani, ciascuno con il proprio bagaglio e la propria intenzione di trasferirsi lì, insieme a loro.
«Vi presentiamo i geometri Triangolo e Rettangolo e l’ingegner Regolo!»
© Roberto Grenna – Riproduzione vietata