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Ho iniziato la produzione di quelle che io chiamo “poesie” ma che, probabilmente, sono tutt’altro. Sono, comunque, un resoconto del mio io e di ciò che “vedo e sento e tocco”, per dirla con Ligabue – i testi del quale sono stati, per anni, un qualcosa che avrei voluto scrivere io – ragione per la quale possono anche non avere una dignità letteraria, ma ne hanno sicuramente una dal punto di vista dell’espressione.

La prima raccolta, nata quasi per scherzo un quarto di secolo fa, è permeata da sentimenti che mi erano propri all’epoca, influenzati da visioni di un futuro che per me aveva una sola direzione e un solo modo di “poter essere”. Un futuro che poi, diventando dapprima presente e poi passato, si sviluppò in maniera un po’ diversa da come m’aspettavo all’epoca. Una serie di priorità che sono state riviste nel corso del tempo – e non è un caso che l’ultima poesia della raccolta costituisca, per me, il passaggio tra i valori di allora e quelli di oggi, con l’unico sentimento che non è cambiato come sostanza e come ordine di priorità – e che emergeranno prepotenti nella nuova.

Il titolo, ancora assolutamente provvisorio, al momento è Elucubrazioni d’un quasi cinquantenne. Perché il tempo che passa è, contemporaneamente, la costante e la variabile indipendente della nostra vita. A vent’anni la si vede in un modo. A cinquanta, magari in un altro molto diverso. Ma lo scorrere del tempo è sempre uguale a se stesso, cambiano le situazioni. Che, scherzo del destino, si modificano proprio per il suo trascorrere.

… e chissà quando riuscirò a scrivere tutti i componimenti che ho progettato…

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