Il mal di testa mi accompagna – a livello di disturbo fisico – ormai da quasi quarant’anni, dalle elementari. È subdolo, è bieco, non viene quasi considerato come invalidante, anche solo parzialmente, per la vita di tutti i giorni. È un qualcosa che indebolisce buona parte dei tuoi sensi – la vista, l’udito – oltre a defalcare in percentuale molto importante le capacità cognitive e di ragionamento. A volte può obbligarti a circondarti del buio più profondo e del silenzio più sordo, per non impazzire. È un compagno di viaggio al quale ci si può rassegnare, ma non abituare. È, in sostanza, una zavorra che obbliga a sforzi supplementari per far restare le proprie prestazioni a livello “standard“, se così si può dire. E con me si trova bene. Si è affezionato. Mi vuol bene al punto che anche ripetute assunzioni di farmaci non lo convincono ad andarsene. Un amicone, insomma. Ormai siamo praticamente una coppia di fatto. Un compagno di vita. Un limite oltre il quale cercare di spingersi a ogni incontro.
Ma… già, c’è un “ma“… da meno tempo – diciamo più o meno da quando ho preso consapevolezza dell’adultità e dei suoi obblighi – c’è un altro mal di testa al quale sono legato. Indissolubilmente. Senza soluzione di continuità. Senza medicina che possa – anche solo per qualche ora – liberarmene. È il mal di testa causato dalle preoccupazioni, dai pensieri, dal continuo ruotare di quei pochi ingranaggi che ancora s’interfacciano nella mia zucca. Dalle domande che richiedono risposta immediata. Dalle obbligazioni e dagli obblighi non condivisi, ma da rispettare. Dall’incapacità di comprendere l’altrui pensiero. E non importa che non sia lineare, né logico, né aderente alla realtà dei fatti. Oppure che sia stato spiegato male. L’unica cosa che importa è che TU non l’abbia capito. Dalle parole dette e mai ascoltate da alcuno. Dalle richieste d’aiuto strozzate – perché proprio non sei abituato a chiedere ad altri di darti una mano, figuriamoci di sostituirti in qualcosa. Dal guardarsi intorno e dall’interrogarsi su ciò che ti circonda. E risponderti che no, non è questo il mondo nel quale vuoi crescere tuo figlio e tua figlia. Dal sentirti di troppo una volta in più. Anche per coloro i quali dovresti essere “di serie”. Dal sapere che per quanto tu t’impegni a trovare soluzioni, ci saran sempre più persone che non vedranno nemmeno il problema. Dallo schifo della piccolezza morale di persone che hanno i tuoi stessi diritti, ma paiono avere molti meno doveri. Dall’egoismo e dall’egocentrismo. Forse, a conti fatti, dalla tua incapacità di farti scivolare addosso ciò che non va. Dall’impossibilità di girarti dall’altra parte quando vedi un’ingiustizia o un sopruso. Dall’inadeguatezza dei tuoi valori rispetto alla società nella quale vivi. Da te e dalla tua essenza, insomma. E quindi, se stai male, è colpa tua.
È più facile addossare la colpa agli altri che empatizzare, accusare che difendere, parlare che ascoltare. Che dire dei nostri “amici”? Ormai siamo costretti quasi ad accettarli, io convivo con “lui” da sedici lunghi anni, lo aspetto e quando mi abbraccia mi stritola fino a ridurmi in polvere, mi umilia e mi tormenta. Non è comprensibile ai più e anche se avverto il bisogno di gridarlo al mondo ho scelto di condividerlo con chi ha un cuore grande e una fine intelligenza. Non ho consigli da darLe ma Le auguro di avere la lucidità (, mi passi il termine) di riconoscere chi Le tende una mano senza alcun interesse ma solo per immenso affetto e grande stima affinché i suoi sfoghi possano essere vissuti insieme e la zavorra alleggerirsi.
Caro figliolo, permettimi di chiamarti sempre così, anche in pubblico, perché, comunque, qualsiasi evoluzione o involuzione o rivoluzione, sia avvenuta o avvenga nel tempo, questo sarà sempre vero e sacrosanto, non ho mai scritto nulla in questo tuo “personale” blog, non volendo fare commenti pubblici su cose “totalmente tue”, ma, stavolta, mi sento un po’ “tirato in causa” e voglio spendere due parole
Leggendo che le cause dei tuoi mali derivano ——————————————————————-
Dall’egoismo e dall’egocentrismo. Forse, a conti fatti, dalla tua incapacità di farti scivolare addosso ciò che non va. Dall’impossibilità di girarti dall’altra parte quando vedi un’ingiustizia o un sopruso. Dall’inadeguatezza dei tuoi valori rispetto alla società nella quale vivi. Da te e dalla tua essenza, insomma. E quindi, se stai male, è colpa tua.
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Sono cosciente che l’inadeguatezza dei tuoi valori è anche COLPA mia e di tua madre,che questi valori, o parte di essi, ti abbiamo trasmesso , sempre convinti che ti avrebbero fatto diventare un “uomo affidabile, capace, onesto e credibile”.
E questo è stato e tu rappresenti un orgoglio per noi.
Purtroppo, eravamo speranzosi che il mondo che ci circondava cambiasse e questo modo di pensare e agire, permeasse altra gente e fosse di aiuto al cambiamento.
Ma non è andata, e NON VA, così, anzi ……..
Ed è per questo che tu ti ritrovi “spiazzato”, ma non è una colpa, né, tantomeno, UNA COLPA TUA.
Cerca di fartene una ragione: non sconvolgere i tuoi sentimenti e convincimenti, ma cerca di rendere “più vivibile” la tua vita, anche cercando, magari in modo meno “strozzato”, un aiuto da chi te lo può dare.
Fallo anche per tutti noi familiari che vorremmo vederti più sereno, per gli amici, i collaboratori, i tuoi RAGAZZI, ma soprattutto FALLO PER TE!
Io non so come, ma so che può e DEVE essere possibile!
AD MAIORA!
Papà (e mamma)