Devo essere sincero: rischio di essere catalogato a monomaniaco, ma non sono in grado di non pensare alla Scuola nemmeno quando sono a casa o in vacanza (???). E, nonostante questo, non sono in grado di stare dietro a tutte le incombenze, scadenze, rilevazioni e chi più ne ha, ne metta. Lasciamo perdere la situazione contingente di questi ultimi mesi, che ha trasformato l’ordinario in straordinario e lo straordinario in ordinario: non è da oggi che siamo abituati a lavorare con cambi di scenario repentini da un momento all’altro e ciò che sta accadendo – tra linee guida e ripensamenti – non è altro che la fotografia di ciò che in parte accadeva anche prima. Mi permetto di portare un esempio per cercare di farmi capire da chi non sia addetto ai lavori.
Vi ricordate la legge 107 del 2015, la cosiddetta “Buona Scuola”? Ma sì… quella legge per protestare contro la quale si sono riempite piazze contro i presidi-sceriffi! Quei presidi-sceriffi e pure imprenditori che, messi di fronte alla possibilità di assumere un/a Docente valido/a, sicuramente avrebbero preferito assumere “amiocuggino”, che non è tanto bravo, ma è uno di famiglia. Quella legge che ha introdotto il bonus premiale che, eh no! Mica possiamo darlo a quelli che cercano di fare andare meglio la Scuola! No, no! Dobbiamo darlo a tutti a pioggia, perché altrimenti quelli che non fanno nulla di più – e anzi, talvolta fanno pure qualcosa in meno – si sentono lesi nei propri diritti.
Quella legge che ha inserito l’organico di potenziamento, che ciascuna Scuola avrebbe avuto sulla base delle proprie esigenze e che, da subito, è diventata refugium peccatorum per le classi di concorso in esubero – e due domande sul perché fossero in esubero non ce le facciamo? – e che a distanza di anni, pur con modifiche numeriche talvolta importanti nell’utenza, non ha visto alcun tipo di integrazione. Qualche scambio sì. Tipo figurine: «A me va in pensione un A046, in cambio posso avere un A027? Se proprio non si può, mi va bene anche un AB24, eh…» e cose del genere.
E poi, ancora, le regole per le assunzioni: «Se vieni assunto con una specifica procedura, per x anni non potrai cambiare regione, pena le torture dell’inferno a opera di Belzebú in persona!»
Risultato? Dall’anno dopo, via ai contratti integrativi per la mobilità che hanno consentito massicci rientri al paesello (a qualsiasi latitudine si trovi, sia ben chiaro) e lo svuotamento degli organici delle Scuole dalle quali si è scappati come dalla peste, con ovvie problematiche di supplenze, mancata continuità, abbassamento del livello generale dell’istruzione.
Potrei scrivere per settimane, in merito a queste che io reputo non solo storture, ma segnali di un Paese (voglio ancora scriverlo con la prima lettera maiuscola, ma sono sempre più in difficoltà – e dire che quando sento l’inno nazionale, salto in piedi come un grillo, mano al petto) che privilegia sempre i diritti – spesso accampati e non reali – degli stessi ai doveri, senza costruire un bilanciamento corretto tra le due cose. Potrei scrivere del fatto che i concorsi per le assunzioni, proprio per il tipo di lavoro che si va a svolgere in una Scuola, così come sono fatti non aiutano a elevare il livello professionale dei Docenti, né quello di apprendimento dei Discenti. Potrei anche lanciarmi in articolate congetture su come – prevedendo la cosa in maniera strutturale e strutturata – una sorta di corso-concorso sul campo possa, magari, ovviare a parte delle problematiche che si possono riscontrare nelle procedure di reclutamento. Potrei, sì, ma sarebbe inutile.
Sarebbe inutile perché, al momento, il diritto primario che deve essere tutelato, cioè quello dei Discenti, passa clamorosamente in secondo piano di fronte a mille altre preoccupazioni che nulla hanno a che vedere con la didattica e la formazione delle nostre giovani teste. Sarebbe inutile perché – e l’emergenza credo lo abbia dimostrato abbastanza chiaramente – si deve correre per non scontentare nessuno, invece che ragionare su come cambiare una Scuola che – continuo a esserne convinto – sia la migliore Scuola generalista del mondo (e giuro di non essere in alcun modo sarcastico), in grado di fornire una preparazione trasversale eccellente, che consente a chi si diplomi seguendo un indirizzo tecnico di intraprendere studi universitari in campo umanistico e viceversa. In alcuni Stati tutto ciò sarebbe impossibile. Qui no. Abbiamo per le mani, nonostante i mille tentativi di svilirla e di farla passare in secondo piano, una Scuola che dovrebbe essere dichiarata patrimonio intangibile mondiale da parte dell’UNESCO. Abbiamo indirizzi di studio talmente particolari e articolati da esistere solamente qui. E abbiamo una marea di Ragazze e Ragazzi che meritano il meglio, a livello di impegno, risorse e sacrificio da parte di ognuno di noi. E abbiamo il diritto di pretendere il massimo, da loro. Ma solo quando avremo dato noi tutti il massimo per farli crescere. Magari, per una volta, cambiando ciò che “si è sempre fatto così”…