Ecco qualche altra pagina del romanzo “Il fiume”, che è acquistabile qui. Buona lettura!
«Noi usciamo. Venite anche voi?»
«No, grazie! Sono molto stanca. Ci vediamo quando tornate. Divertitevi!»
«Anche voi!»
Avevano sempre un sorriso malizioso, quando ci lasciavano a casa soli. Sospettavano sicuramente qualcosa, anche se, francamente, a me non interessava. Di sicuro, comunque, la loro malizia poteva nascere unicamente da loro sospetti. Mara non poteva aver detto loro niente, riservata com’era. Io, tra i miei molti difetti, non avevo sicuramente quello di sbandierare ciò che lei e io facevamo quando eravamo soli. A ben pensarci, però, quel loro comportamento avrebbe dovuto darmi fastidio. In fondo, a loro non doveva interessare nulla di ciò che lei e io facevamo. Proprio nulla.
«Sono proprio un po’ stupide, vero?», mi domandò con un velo d’imbarazzo sul viso.
«Mmh. Non ci faccio nemmeno più caso. So che sono fatte così e mi limito a non considerarle.»
«Ma guarda che non sono mica cattive! È solo che fa loro un po’ specie il fatto che tu e io abbiamo questo rapporto così stretto, mentre loro due sono perennemente in caccia!»
«Se sperano di trovare qualche ragazzo comportandosi come fanno loro…»
«Ma perché, scusa? Come si comportano?»
«Troppo spesso da oche giulive e troppe poche volte da ragazze serie.»
«Ma dai! In fondo hanno vent’anni! Se non tengono certi comportamenti adesso, quando potranno farlo?»
«Il guaio è che, a volte, di anni ne dimostrano tredici, quattordici al massimo.»
«Ma allora scusa: anche io, che sono la loro migliore amica, dovrei essere un’oca?»
«Non ho detto questo. Ma non ho neppure detto che tu sia esente da pecche. Anzi!»
«Ha parlato “mister perfetto”!»
Quando faceva affermazioni di quel tipo aveva sempre un’espressione indefinibile, con le labbra socchiuse, come a pronunciare una “o”. Un po’ come quegli adulti che parlano con i neonati, facendo smorfie e usando parole semplici, molte volte prive della “r”. Ero abituato a quel suo modo di prendermi in giro. Spesso era il preludio ai momenti di intimità. Penso che li vivesse come atto culminante del suo amore, ma c’era sempre una percentuale di gioco che trapelava dai suoi movimenti, dalle sue parole, dai suoi atteggiamenti. Forse cercava solo di fare in modo che io vivessi quegli attimi con lo stesso trasporto con il quale li viveva lei. Ogni tanto, devo ammetterlo, i suoi sforzi avevano funzionato. Non smetteva mai neppure per un attimo di baciarmi, mentre io ero decisamente meno espansivo. “Non c’è sesso senza amore…”, cantava Venditti. A me era successo: sesso senza amore. O, almeno, così credevo. Ho aperto gli occhi solo da poco, ma è stato sufficiente per capire, me ne convinco ogni momento di più, che la realtà delle cose era ben diversa. Oltre a non aver visto la bellezza della ragazza che per alcuni anni mi è stata accanto, non sono neppure stato in grado di guardarmi dentro fino in fondo, fino a quella infinitesima cellula del muscolo cardiaco che era stata capace di salvarsi dalla corruzione. Quella stessa cellula che, resa forte dagli avvenimenti, ha saputo farsi largo, riproducendosi in milioni di esemplari e ridandomi la reale dimensione delle cose. Condannandomi alla reale dimensione delle cose. Ebbi modo di viaggiare molto con lei. Le prime volte, in compagnia di altre persone, solitamente Betty e Vivi, come le chiamava Mara. Negli ultimi tempi, quasi sempre soli. Un viaggio piuttosto particolare fu quello al distretto militare, in occasione della visita di leva.
© Roberto Grenna – Riproduzione vietata