Ecco qualche altra pagina del romanzo “Il fiume”, che è acquistabile qui. Buona lettura!
«Che ne diresti di un paio di settimane in Inghilterra, con me?»
Mi rivolse quella domanda a bruciapelo, una sera, a casa mia.
«Come?»
«Verresti in Inghilterra con me per un paio di settimane?»
«Ma com’è che hai sempre qualche idea strana per la testa?»
«Nessuna idea strana! Tramite l’università ho la possibilità di partecipare a viaggi in Europa a prezzi molto vantaggiosi. Pensa: praticamente si viene a pagare meno della metà rispetto al prezzo reale! La cosa bella è che questa “promozione” vale anche per un accompagnatore non universitario, anche se per pochi giorni ancora. In pratica, bisognerebbe aderire entro venerdì. Dopodomani. Che ne dici?»
«Che il mio inglese fa pena. E che quest’anno avrò la maturità e non potrò muovermi fino a fine luglio.»
«Lo so. Il soggiorno sarebbe per gli ultimi dieci giorni di agosto e i primi quattro di settembre. Vitto e alloggio presso i vari ostelli sparpagliati per tutta l’Inghilterra. Non è obbligatorio fermarsi per tutto il periodo nella stessa città.»
«Non so. Sono un po’ perplesso.»
«Pensavo che sarebbe stato carino. Tu e io, in una terra straniera, soli soletti.»
Mi abbracciò da dietro, poggiando il suo mento sulla mia spalla sinistra.
«Comunque sia, non dipende da me. Dovranno decidere i miei.»
Speravo di scansare il viaggio con quella scusa. Da quando conoscevo Mara, quella fu la prima volta nella quale tirai in ballo i miei genitori per un fantomatico permesso. Fino ad allora, me lo ero sempre preso senza nemmeno chiedere.
«Parto dopodomani. Starò via dieci giorni.», oppure «Questo week-end dormirò fuori. Ci vediamo lunedì.»
Loro, senza nulla domandare, accettavano con un semplice cenno del capo. Credo di aver rovinato in maniera irrecuperabile il loro matrimonio. Continuano a tentare di ritrovare un po’ di serenità, ma quest’ultima botta li ha ulteriormente minati nella volontà. E dire che si aspettavano grandi cose, da me, loro unico figlio. Mia madre, che per potermi allevare come mia nonna aveva fatto con lei, aveva rinunciato ad un posto di lavoro sicuro. Mio padre, convinto che io potessi intraprendere una radiosa carriera universitaria, quella alla quale aveva voluto, forse dovuto, rinunciare per costruirsi una famiglia. Avevano sperato in Mara. Di cuore. Si auguravano che la sua presenza, la sua bontà, la sua naturale predisposizione a farsi amare potessero farmi cambiare. O, meglio, farmi guarire. Forse fu anche per questo motivo che mai si opposero ai nostri viaggi. Anzi, spesso e volentieri ci consigliarono qualche posto da visitare, qualche città nella quale trascorrere un fine settimana, qualche tappa per gite di un giorno. In occasione del soggiorno in Inghilterra, poi, vollero darle un segno tangibile della loro riconoscenza, offrendosi di pagare tutte le spese anche per lei. Fecero molta fatica a convincerla, ma alla fine cedette.
«Mamma mia! Che vergogna! Ero partita da casa con l’intento di regalarti il viaggio e invece ritorno completamente spesata! Come farò a ricambiare?»
Era diventata completamente rossa in viso.
«Non riuscirò più ad entrare in casa tua, Dario! Sono così confusa! Mi verrebbe voglia di non andare più. Ben inteso, non che la cosa mi abbia fatto dispiacere! Il fatto è che non posso accettare un regalo di tale valore! E per cosa, poi?»
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