Ascolto musica da quando ero piccolo. Musica di tutti i generi – quasi tutti i generi: una parte degli “ultimi arrivi” sulla scena musicale non trovano i miei favori. Ascolto musica quando ho voglia di chiudere i contatti con il mondo esterno e di chiudermi in me stesso. Oppure quando ho la testa carica di pensieri e cerco un modo per rimetterli in ordine. Oppure ancora quando qualche ricordo bussa alla mia porta e, insieme a sensazioni che possono variare di volta in volta, porta con sé una o più canzoni che ascoltavo i quel particolare periodo.
Ho spesso riconosciuto, nei testi di alcuni brani, pezzi della mia vita, pensieri che avrei voluto scrivere io, schegge di un mondo che non avrei saputo descrivere meglio. Le ho spesso, come scritto poc’anzi, associate a precisi momenti della mia vita. Anche a storie d’amore o d’amicizia. Anche a tristi momenti, ad addii, a dipartite talvolta attese e spesso improvvise e ingiuste. In tutto questo percorso, però, ci sono brani che mi accompagnano da quando li ho ascoltati per la prima volta. Mi sono entrati sotto pelle – un po’ come il grigio della maglia della mia fede laica – mi sono identificato con quelle parole e, in un certo qual modo, ho fatto di loro una sorta di bandiera.
Tra queste, ce n’è una che cito spesso, soprattutto un passaggio. Ancora l’altro giorno, su Facebook, ho condiviso proprio quelle parole:
“Non è tempo per noi
che non vestiamo come voi
non ridiamo, non piangiamo,
non amiamo come voi
forse ingenui o testardi
poco furbi, casomai
non è tempo per noi
e forse non lo sarà mai.“
Non è l’unica, sia ben chiaro, ma Non è tempo per noi, di Luciano Ligabue, dal 1990 mi sta di fronte come uno specchio, come un modo per guardarmi negli occhi, per chiarire chi sono, quale sia la mia essenza. Ho fatto molte cose, nella mia vita. Ho conosciuto molte persone. Ho anche avuto, in un certo qual modo, successo nelle “imprese” nelle quali mi sono lanciato. Eppure… eppure mi sono sempre sentito avulso dal contesto sociale nel quale vivo. Mi sono sempre considerato un diverso – quasi uno straniero – per le difficoltà incontrate nel trasferire agli altri le mie idee, le mie convinzioni, i miei sentimenti, il mio modo di vedere le cose. Sia ben chiaro: non per convincere gli altri. Non mi interessa che gli altri la pensino come me e non ho ambizione di inculcare ciò che penso nelle altrui teste. Mi piacerebbe solamente che quanto dico, faccio, penso potesse essere compreso. Non condiviso. Ascoltato e compreso. Percepisco sempre più spesso diffidenza nei confronti dei valori nei quali credo – sincerità, lavoro, coerenza – e spesso devo rilevare che nella controparte del momento non vi è identità di vedute in merito a questi.
Tutto il testo della canzone – dal “Ci han concesso solo una vita, soddisfatti o no, qua non rimborsano mai” a “A volte serve un motivo, un motivo“, da “E la risposta è sempre sì” a “Dicono che noi ci stiamo buttando via, ma siam bravi a raccoglierci” – è permeato di una sana malinconia. Malinconia unita alla consapevolezza che la nostra vita è nelle nostre mani, che per tanto che si possa fare, se si hanno valori, pensieri, modi di affrontare le cose diversi da quelli degli altri, si rischia di rimanere incompresi. È un rischi da correre, se l’alternativa è quella di non potersi guardare allo specchio…
Dalle cose che ultimamente vedo, leggo e ascolto è il minimo considerarsi fuori luogo e fuori posto…Consolati non è solo una prerogativa tua…😉
Buona serata !