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Ecco qualche altra pagina del romanzo “Il fiume”. Buona lettura!

Sembrò rasserenarsi un po’, anche se la cosa durò poco.
«Adesso, però, dovrò avvisare i tuoi della variazione di programma. Sapessi che vergogna, provo! Sono stati così gentili, così… non ho neppure le parole per definirli e io non sono nemmeno in grado di accettare un regalo! Mi sento veramente infima!»
Si fermò alla prima cabina telefonica. Voleva scaricarsi immediatamente la coscienza, quasi si fosse trovata davanti ad un confessionale.
«Vieni dentro con me! Anzi, chiamali tu, poi passameli, per favore!»
Composi il numero di casa mia.
«Ciao. Sono qui con Mara. Adesso te la passo, così potete parlare. Sì. Ciao.»
Le passai la cornetta.
«Pronto? Buongiorno, signora! Eh, insomma!»
Uscii dalla cabina e la aspettai. Mi raggiunse circa dieci minuti dopo.
«Fatto?»
«Sì! Sapessi quanto mi rincresce! Tua madre è stata gentilissima, mi ha detto che non c’è nessun tipo di problema e che di fronte a certe cose i soldi non contano nulla! Non vorrei aver deluso lei e tuo padre! O, peggio, non vorrei averli offesi! Che ne pensi?»
«Se ti ha detto che è tutto a posto, allora è vero. Lei dice sempre quello che ha in testa.»
«A proposito! Le ho anche chiesto scusa per il fatto che, essendo venuti con una sola macchina, dovrai fermarti anche tu qui, insieme a me, per qualche giorno.»
«Ah, sì? Beh, è sempre bello sapere le cose per ultimo. Comunque sia, non credo sia necessario. Ci sono i treni e posso benissimo tornare a casa con quelli. Anzi, se passiamo dalla stazione do un’occhiata agli orari.»
«Senti, so che potresti tornare con un mezzo pubblico, ma… vorrei che tu restassi con me! Per favore!»
La sua espressione manifestava tutto il suo disagio per quella situazione.
«A me, francamente, non sembra il caso.»
«Se hai paura di disturbare, non ti preoccupare! I miei nonni ti considerano come un nipote e nell’appartamento c’è una camera per gli ospiti. Senza contare che potresti darmi una mano.»
Fece una pausa di qualche secondo.
«Allora?»
Rientrammo cinque giorni dopo, il mattino stesso nel quale sua nonna fu dimessa. Furono giornate abbastanza deprimenti, per me. Il contatto con l’ambiente ospedaliero, con la malattia, con la sofferenza non fece altro che farmi tornare ad un altro ospedale, ad un’altra situazione, dall’esito ben più tragico. Fui particolarmente cupo ancora per alcuni giorni dopo il nostro arrivo a casa. Fortunatamente, e intendo fortunatamente per lei, Mara non ebbe molto tempo da dedicarmi, impegnata com’era con i suoi nonni. Nonostante l’aiuto di mia madre.
«Io vado. Tu cosa fai?»
«Sto a casa. Non ho voglia di venire.»
«Fai come vuoi. Mara rimarrà male, esattamente come ieri e ieri l’altro. Ti stai comportando veramente male nei suoi confronti. Cosa ti avrà fatto, di male, poi! È così attenta a te, alle tue esigenze, così piena di vita!»
«Appunto. Troppa vita. Troppa, almeno per me.»

© Roberto Grenna – Riproduzione vietata

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