Così comincia una splendida canzone di Roberto Vecchioni, Milady, che racconta di una storia d’amore tormentata e piena di contraddizioni. Il titolo di questo post, invece, vuole proprio significare che il tempo passa, che le situazioni e le persone cambiano, che lo scorrere – lento o rapido che sia – dei minuti, delle ore, dei giorni, delle settimane, dei mesi e degli anni lascia piccoli e grandi segni su di noi e dentro di noi.
Se quelli lasciati sulla pelle – rughe, cicatrici, capelli bianchi – sono ben evidenti agli occhi altrui, a patto che non vengano nascosti con artifici vari ed eventuali, quelli lasciati dentro non sempre si possono percepire. Spesso, anzi, rimangono ben confinati in fondo alla coscienza e al cuore di chi li ha, senza alcuna voglia di notorietà. Talvolta, quando sono più profondi, danno notizia di sé attraverso la mutazione caratteriale della persona. Sono quegli strappi dell’anima che – normalmente – hanno minato la fiducia di chi li ha subiti, che dal tradimento della fiducia stessa hanno costruito cicatrici di cemento che, però, continuano a sanguinare. Ogni volta che mi presento in una nuova scuola – che sia di titolarità o in reggenza non importa: io sono sempre lo stesso! – esprimo subito chiaro e tondo un concetto: io do da subito il massimo della fiducia a chiunque, ma attenzione! Quando dovesse essere tradita, recuperarla sarà molto difficile. In alcuni casi, impossibile. E così ho sempre agito. E così agisco. Anche nella mia vita privata. Anche memore, comunque, di esperienze passate, di investimenti emotivi enormi conclusi con delusioni cocenti che avrebbero atterrato un cavallo o un bue.
Da sempre metto gli altri davanti a me. Rimanere deluso dal comportamento delle persone è l’unico momento di cura di me stesso che mi prendo. E, purtroppo, momenti del genere sono sempre più frequenti.